Pensioni, Sos dei sindacati Fvg: così la Fornero condanna i giovani
Congelare l’incremento dell’età pensionabile. Migliorare le garanzie previdenziali delle donne. Estendere le platee dell’Ape social e della quota “41” per i cosiddetti precoci, misure di cui beneficeranno soltanto, nel biennio 2017-2018, soltanto 100mila lavoratori a livello nazionale e 2.000 regione. Sono queste le principali richieste che le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil Fvg hanno sottoposto oggi all’attenzione del Prefetto di Trieste Anna Paola Porzio, commissario di Governo per la nostra regione. L’incontro è la prima di una serie di iniziative tese a rilanciare anche su base regionale le richieste al centro del tavolo col Governo sulle pensioni. È quanto hanno spiegato prima di incontrare il Prefetto i segretari regionali Villiam Pezzetta (Cgil), Arturo Pellizzon (Cisl) e Giacinto Menis (Uil), che esprimono «forte preoccupazione« per lo stallo del confronto con il Governo e annunciano per il 14 ottobre presidi in tutte le province.
IL NODO DELL’ETÀ. Ad allarmare i sindacati è la distanza tra le proprie rivendicazioni e le richieste del Governo, a partire dal tema dell’età pensionabile, sul quale il Governo è intenzionato a confermare l’aumento a 67 anni (+5 mesi) dal 1° gennaio 2019. «Invece di ammorbidire la legge Fornero – commentano Pezzetta, Pellizzon e Menis – il Governo sembra puntare a un suo ulteriore inasprimento. Tutto questa senza considerare le pesanti ripercussioni che la riforma ha avuto sul piano sociale, a partire dalla piaga degli esodati, e sull’occupazione, in particolare quella giovanile, gravata dal doppio peso della crisi e di una riforma che ha bloccato il turnover sul mercato del lavoro».
GIOVANI FALCIDIATI. Il prezzo più caro, secondo Cgil, Cisl e Uil, lo hanno pagato proprio i giovani. Il numero di occupati tra gli under 35, infatti, è sceso in Friuli Venezia Giulia di ben 48mila unità dal 2008 a oggi, e in termini percentuali dal 60% dei residenti nelle fasce d’età di riferimento al 47%, rimarcano Cgil-Cisl-Uil, per sottolineare come il crollo si spieghi solo in parte con ragioni demografiche. «L’ingresso nel mercato del lavoro si è spostato drammaticamente in avanti, oltre ad essere spesso caratterizzato da impieghi instabili, precari e sottopagati, con pesanti riflessi anche sulle future pensioni», spiegano ancora Pezzetta, Pellizzon e Menis, ricordando come tra gli obiettivi del tavolo ci sia anche quello di introdurre meccanismi di garanzia contro il rischio sempre più concreto costituito dalle pensioni povere.
DONNE. Al centro della piattaforma sulle pensioni anche la questione femminile. Le richieste di Cgil-Cisl-Uil puntano all’introduzione di coperture contributive supplementari per la maternità (1 anno per ciascun figlio, fino a un massimo di 3 anni), per l’assistenza a parenti disabili e per il lavoro in ambito familiare. «Questo – rimarcano i segretari regionali – nella consapevolezza che a penalizzare le donne, nel lavoro, nelle retribuzioni e nell’anzianità contributiva, c’è quasi sempre il doppio peso del lavoro fuori e dentro casa». Emblematico il differenziale nei redditi pensionistici, che in regione è del 48% (1.181 euro mensili lordi per le donne, 1.747 € per gli uomini).
ALLARGARE LE PLATEE. Quanto alle misure con effetti più immediati, la richiesta è di allargare le platee dell’Ape social e della pensione anticipata per i cosiddetti precoci. Platee, ricordano Cgil, Cisl e Uil, che non supereranno i 100mila beneficiari nel triennio a livello nazionale e i 2mila in regione (1.362 quest’anno). Cgil-Cisl-Uil chiedono di ridurre i liniti contributivi per le donne e per i lavoratori addetti a mansioni gravose, ma puntano anche a far rientrare tra i beneficiari i disoccupati per scadenza di un contratto a termine, attualmente esclusi dalle due misure. Gli altri capitoli della piattaforma riguardano il potenziamento della previdenza complementare, l’introduzione di nuovi meccanismi per l’adeguamento delle pensioni all’inflazione e la questione mai risolta della separazione tra assistenza e previdenza. «Tutti temi chiave – concludono Pezzetta, Pellizzon e Menis – non solo per il futuro del nostro tessuto economico e occupazionale, ma anche per la tenuta e la salvaguardia del welfare».