«Investire sul lavoro». L’appello di Fp e Cgil sulla sanità Fvg
«La perequazione salariale tra i lavoratori e le lavoratrici del servizio sanitario regionale è un obiettivo condivisibile, se perseguito verso l’alto, puntando a un innalzamento complessivo del livello delle retribuzioni e della qualità del lavoro in sanità. L’esatto contrario di quanto ha fatto l’assessore Riccardi, con una distribuzione delle risorse aggiuntive regionali che ha evidentemente colpito i lavoratori dell’area giuliana e isontina». È quanto sostiene il segretario generale della Cgil Friuli Venezia Giulia Michele Piga, assieme a Orietta Olivo, numero uno della Fp Cgil regionale.
«L’operazione sulle Rar – sostengono Piga e Olivo – è l’ennesima scelta frutto di una gestione ideologica e dirigista di questo assessorato, basata sullo smantellamento della contrattazione e sul progressivo passaggio di pezzi interi del servizio sanitario pubblico di questa regione verso il privato. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: un progressivo peggioramento qualitativo della sanità ospedaliera e territoriale, che da livelli di assoluta eccellenza nazionale sta scivolando verso le posizioni di bassa classifica. Un declino che non può essere giustificato soltanto con l’alibi della pandemia». Per invertire la rotta, sostiene la Cgil, la priorità è arginare la fuga del personale verso il privato e tornare a rendere attrattive le professioni mediche e sanitarie. «L’assessore Riccardi – dichiarano ancora Piga e Olivo – dovrebbe attivare un percorso di dialogo e confronto con i lavoratori e le loro rappresentanze, puntando alla condivisione delle scelte e alla coesione sociale tra tutti gli stakeholder e tra i territori. La scelta fatta sulle Rar è quella opposta, con una distribuzione delle risorse calata dall’alto e che, curiosamente, va a penalizzare proprio le aree che storicamente hanno investito di più verso quella sanità territoriale che dovrebbe rappresentare il modello di riferimento. Nello stesso tempo si continua a indicare il ricorso al privato come l’unica ricetta per contrastare la crescita delle liste di attesa, finendo invece per aggravare il problema, perché con questa politica si continua in realtà a favorire la fuga di personale dalla sanità pubblica».