Organici sanità, a Pordenone il deficit più pesante

Se il declino della sanità pubblica è un fenomeno che colpisce tutto il territorio regionale e anche il Paese, la situazione più preoccupante riguarda le aree che già partivano da una posizione di svantaggio. In Friuli Venezia Giulia è il caso di Pordenone, storicamente meno coperta rispetto a Udine, Gorizia e Trieste in termini di servizi ospedalieri e territoriali. 

Se a questo svantaggio iniziale si sommano emergenze nazionali come la fuga di personale dalla sanità pubblica, la crescita delle liste di attesa e i ritardi nei rinnovi contrattuali, che contribuiscono a ridurre ulteriormente il livello delle retribuzioni, quello che si disegna è un quadro a tinte particolarmente fosche sia per i cittadini della Destra Tagliamento che per i lavoratori della sanità. A raccogliere il grido d’allarme di questi ultimi la Funzione pubblica Cgil, che questa mattina ha organizzato due incontri con il personale, rispettivamente nella sede dell’Asfo e nella Cittadella della Salute. I due appuntamenti, organizzati nell’ambito della campagna nazionale Curiamoci di noi, hanno visto la presenza di Pierluigi Benvenuto, responsabile sanità della Fp e della Cgil provinciale, e di Giancarlo Go, della segreteria nazionale sanità pubblica. 

A Benvenuto il compito di analizzare i numeri della sanità in provincia, che non vedono alcuna inversione di tendenza rispetto allo squilibrio a danno di Pordenone. «Con 1.305 infermieri per 310mila abitanti e un organico complessivo di 2.500 persone tra medici, infermieri e Oss – spiega il sindacalista – Asfo è di gran lunga l’azienda sanitaria regionale con la più bassa presenza di personale sanitario in rapporto alla popolazione, con una copertura complessiva pari a 81 lavoratori ogni 10mila abitanti, contro i 120 di Asugi e i 119 di Asufc. Un divario che riguarda soprattutto l’area delle professioni sanitarie, dove Pordenone conta un rapporto di 42 infermieri e 16 medici ogni 10mila residenti, contro una media di 64 infermieri e 25 medici nelle altre tre province, coperte da Asufc e Asugi». E se è vero che dal 2021 al 2023 il personale Asfo non è calato, questo è dovuto soltanto all’ingresso di Oss (88 assunti in più tra il 2021 e il 2023) mentre continua il calo di infermieri (-66) e medici (-11), a conferma della scarsa attrattività delle professioni sanitarie.

Le difficoltà nella conciliazione tra lavoro e vita privata e le basse retribuzioni sono tra le cause che stanno alimentando l’esodo dal pubblico verso il privato. E pesano anche gli errori di strategia nell’organizzazione dei corsi universitari, a lungo condizionati dalla tagliola del numero chiuso, e dei percorsi formativi, in mano alla Regione. Da qui l’appello della Cgil per un radicale cambiamento di strategia, nel segno del rilancio degli investimenti sulla sanità pubblica, a partire dalla trattativa in corso sul contratto nazionale 2023-2025. Trattativa che parte in forte salita, se è vero che le risorse stanziate dal Governo prevedono aumenti medi a regime inferiori al 6%, a fronte di un tasso d’inflazione che nel triennio passato ha superato il 15%.