Pensioni, serve una riforma socialmente sostenibile
«Il confronto sulle pensioni deve essere anche l’occasione per valutare le ricadute della crisi pandemica in corso sul versante previdenziale, ad iniziare dai problemi occupazionali e sanitari legati all’età avanzata e dalla dinamica della spesa pensioni. Temi, questi, che rendono ancora più urgente il confronto tra Governo e parti sociali e l’assunzione di provvedimenti conseguenti». È quanto chiesto dalle segreterie nazionali di Cgil, Cisl, Uil a margine della piattaforma sulla previdenza, presentata la scorsa primavera.
«Non condividiamo – sostengono ancora le segreterie nazionali – che nel Def e nel Pnrr le pensioni continuino ad essere considerate solo come un fattore di spesa, senza tenere conto del profilo di sostenibilità sociale dell’attuale modello. Considerando anche l’imminente conclusione della sperimentazione di “quota 100″, prevista al 31 dicembre 2021, che sta determinando un risparmio importante di risorse per via del numero di pensioni liquidate, decisamente inferiore alle previsioni, riteniamo necessario riavviare al più presto i diversi punti contenuti nella Piattaforma sindacale.
Riguardo a uno dei tempi più spinosi, quello della cosiddetta flessibilità in uscita, la richiesta di Cgil, Cisl e Uil è di permettere l’uscita dal lavoro senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età . «Una proposta ancor più sostenibile – spiegano i sindacati – considerando che siamo ad un passaggio di fase decisivo per il sistema previdenziale, in quanto le future pensioni saranno liquidate prevalentemente o esclusivamente con il calcolo contributivo». Cgil, Cisl e Uil puntano inoltre alla riduzione dei limiti minimi di importo pensionistico (1,5 volte l’assegno sociale per la pensione di vecchiaia, 2,8 volte per quella di anzianità ) e a modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita.