Riforma Brunetta, attacco ai diritti

L’approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto attuativo della Legge 15/2009 rappresenta un grave attacco al diritto alla contrattazione nei settori pubblici e il ritorno al primato della gestione da parte della politica dei diritti del lavoro nelle pubbliche amministrazioni e nei settori della conoscenza. E’ il duro commento della Cgil dopo il via libera da parte del governo della ‘riforma’ Brunetta. Un giudizio che la confederazione motiva così: Si tratta, come la Cgil ha detto sin dall’inizio, di una manovra sbagliata, centralistica che segna il sostanziale abbandono della contrattualizzazione del rapporto di lavoro e che, non è certo destinata a favorire l’efficacia delle amministrazioni pubbliche, ma solo a introdurre discrezionalità ed inefficienze.
La legge 15 prima, ed il decreto attuativo ora, rappresentano lo scenario nel quale si inserisce l’accordo separato del 22 gennaio e l’intesa successiva del 30 aprile relativa ai settori pubblici limitando fortemente la contrattazione, già peraltro pesantemente lesionata dalle intese separate. La dimostrazione per la Cgil risulta evidente nella bozza di legge Finanziaria nella quale non sono presenti le risorse economiche necessarie per il rinnovo dei contratti di lavoro di 3,5 milioni di lavoratori e lavoratrici dipendenti delle amministrazioni pubbliche, dei settori della conoscenza, della sicurezza.
I due provvedimenti aprono dunque la strada ad un devastante processo di rilegificazione nazionale, regionale e locale del rapporto di lavoro a scapito della contrattazione come rischia di avvenire nei settori della scuola se passasse la proposta di legge Aprea. Il centralismo della manovra si manifesta nella negazione di risposte positive sui temi sollevati dal sistema delle Regioni e delle Autonomie in nome dell’equilibrio istituzionale, definito nel Titolo V della Costituzione, e che potrebbe determinare un vizio di legittimità del decreto. Così come nello stravolgimento della struttura contrattuale attraverso la forte riduzione del numero dei comparti definita per legge, che rischia di destrutturare lo stesso ruolo del contratto nazionale.
La Cgil ritiene che sia necessario recuperare una coerenza della contrattazione, attraverso una struttura dei comparti che mantenga ferma l’autonomia funzionale e ricostruisca la filiera delle attività, a partire dal comparto della conoscenza, e contrasterà qualsiasi iniziativa legislativa che metta in discussione il sistema della rappresentatività introdotto con la legge alla quale aveva lavorato Massimo D’Antona.
La Cgil sottolinea, infatti, come il congelamento dell’accertamento della rappresentatività e il rinvio, deciso per legge, del voto per la elezione delle Rsu, a partire da quelle che si svolgeranno a dicembre nella scuola, già regolarmente indette, rappresenta una iniziativa solo politica, di dubbia legittimità costituzionale in considerazione della mancanza di una specifica norma di delega. Si vorrebbe in tal modo segnare la fine di un processo legislativo di consolidamento della rappresentatività democratica nel mondo del lavoro pubblico, privando tutti i lavoratori e le lavoratrici delle pubbliche amministrazioni di partecipare, attraverso la scelta democratica dei propri rappresentanti, alla contrattazione nei luoghi di lavoro; già messa in discussione dal ‘decreto Brunetta’, ma anche dalla tante iniziative del governo che provocano la crisi dei servizi pubblici e del sistema dell’istruzione.
La Cgil, e le categorie del lavoro pubblico e della conoscenza, si attiveranno con una forte iniziativa politica per contrastare quanto contenuto nella legge e nel decreto anche in sede di rinnovo dei contratti collettivi e di contrattazione di secondo livello, per far fallire il disegno politico di riappropriazione da parte della politica della gestione del lavoro pubblico e di penalizzazione dell’agire pubblico.