Riforma sanitaria, dopo la retromarcia Tondo avvii il confronto
Da tempo ci eravamo opposti alla realizzazione dell’Azienda unica con le motivazioni illustrate, da ultimo, nel convegno tenuto a Udine l’8 maggio scorso alla presenza di Tondo. Riteniamo dunque positivo che il Presidente ci abbia ripensato e abbia deciso di aprire un percorso di partecipazione: la salute è un bene di tutti i cittadini e vanno perciò coinvolte le rappresentanze istituzionali e sociali.
Siamo convinti che una manutenzione straordinaria del sistema sanitario regionale sia necessaria. Riteniamo però che una maggiore efficienza e un migliore utilizzo delle risorse si ottengano intervenendo in profondità sulle modalità organizzative più che attraverso una revisione degli assetti istituzionali, come nel marzo scorso hanno evidenziato, in un seminario organizzato a Lignano, l’Università di Padova e l’Associazione italiana di economia sanitaria. Gli stessi enti hanno detto che il 60% del fatturato della sanità privata deriva da carenze dell’offerta pubblica. Anche in questa prospettiva non ha senso dunque rafforzare il sistema privato e tantomeno decretarne per legge la parità con quello pubblico: del resto le vicende lombarde lo dimostrano chiaramente.
Si parta allora dai problemi aperti, dalle cose che non vanno, individuando delle priorità. Le nostre sono: una migliore organizzazione della prevenzione, compresa quella degli incidenti sul lavoro; una più attenta gestione del passaggio dall’acuzie alla postacuzie, che garantisca la continuità assistenziale rafforzando le Rsa e l’assistenza domiciliare; il rafforzamento della medicina ambulatoriale e del sistema delle prime cure in un intreccio virtuoso tra ospedale e territorio; un consolidamento del sistema territoriale della salute mentale partendo dall’esperienza triestina; una riorganizzazione del sistema ospedaliero che concentri le specialità ed eviti le ridondanze; l’aggiornamento del piano materno infantile, vecchio di dieci anni, e la definizione di quelli per l’emergenza, l’oncologia e la riabilitazione. Si parta dunque da qui e si individuino poi le soluzioni istituzionali più adeguate: altrimenti si corre il rischio di costruire la casa cominciando dal tetto.
Franco Belci, segertario generale Cgil Fvg
Siamo convinti che una manutenzione straordinaria del sistema sanitario regionale sia necessaria. Riteniamo però che una maggiore efficienza e un migliore utilizzo delle risorse si ottengano intervenendo in profondità sulle modalità organizzative più che attraverso una revisione degli assetti istituzionali, come nel marzo scorso hanno evidenziato, in un seminario organizzato a Lignano, l’Università di Padova e l’Associazione italiana di economia sanitaria. Gli stessi enti hanno detto che il 60% del fatturato della sanità privata deriva da carenze dell’offerta pubblica. Anche in questa prospettiva non ha senso dunque rafforzare il sistema privato e tantomeno decretarne per legge la parità con quello pubblico: del resto le vicende lombarde lo dimostrano chiaramente.
Si parta allora dai problemi aperti, dalle cose che non vanno, individuando delle priorità. Le nostre sono: una migliore organizzazione della prevenzione, compresa quella degli incidenti sul lavoro; una più attenta gestione del passaggio dall’acuzie alla postacuzie, che garantisca la continuità assistenziale rafforzando le Rsa e l’assistenza domiciliare; il rafforzamento della medicina ambulatoriale e del sistema delle prime cure in un intreccio virtuoso tra ospedale e territorio; un consolidamento del sistema territoriale della salute mentale partendo dall’esperienza triestina; una riorganizzazione del sistema ospedaliero che concentri le specialità ed eviti le ridondanze; l’aggiornamento del piano materno infantile, vecchio di dieci anni, e la definizione di quelli per l’emergenza, l’oncologia e la riabilitazione. Si parta dunque da qui e si individuino poi le soluzioni istituzionali più adeguate: altrimenti si corre il rischio di costruire la casa cominciando dal tetto.
Franco Belci, segertario generale Cgil Fvg