Riqualificazione educatori, dalla Regione risposte parziali
Sono ancora molti i punti interrogativi sul futuro degli educatori operanti in Friuli Venezia Giulia. L’incontro con l’assessore al welfare Maria Sandra Telesca, sollecitato dai sindacati del pubblico impiego e tenutosi la scorsa settimana, non ha infatti fornito tutte le risposte che si attendevano sia sui numeri dei lavoratori coinvolti, sulla continuità dei servizi in cui operano e sui percorsi di formazione e riqualificazione che verranno attivati.
Due i passaggi chiave del piano illustrato dall’assessore Telesca. Sul piano normativo la sostanziale “delegificazione” dell’inquadramento degli educatori, affidando a specifici regolamenti l’elenco e la descrizione delle professionalità richieste, attulamente definite dall’articolo 36 della legge 6/2006. Sul piano operativo, invece, la definizione di percorsi diversi per i lavoratori attualmente in servizio, a seconda del titolo di studio e dell’anzianità , con il mantenimento della qualifica di educatore solo per i laureati in scienze dell’educazione o anche per i laureati in discipline diverse, se in possesso di almeno 3 anni di esperienza lavorativa nel settore e con l’avvio di uno specifico programma di formazione. Gli altri lavoratori dovranno accontentarsi di una qualifica più bassa, quella di animatore, a patto però che abbiano almeno 5 anni di servizio, se in possesso di un diploma di scuola superiore, o 8 anni se il titolo di studio è la licenza media. Per chi non possiede l’anzianità necessaria sono previsti specifici percorsi formativi per l’ottenimento della qualifica. Contestualmente alla riorganizzazione degli addetti, dovranno essere ridefiniti anche gli standard dei servizi, per definire quanti educatori e quanti animatori saranno necessari servizio per servizio.
Molte, secondo i sindacati, le incognite da chiarire, che vanno dal fabbisogno di operatori – tuttora non stimato dalla Regione – alle caratteristiche dei percorsi formativi, che andranno gestiti in collaborazione con il sistema universitario. Ma destano preoccupazione anche il prospettato inquadramento di molti lavoratori come animatori, che rappresenterà una dequalificazione per tutti coloro che attualmente svolgono a tutti gli effetti il ruolo di educatori, e la possibilità che i cambi di appalti possano comportare la perdita di posti di lavoro, soprattutto per gli operatori oggi privi di qualifica. Mancano inoltre certezze sui tempi di presentazione e discussione della nuova legge, oltre che sulle caratteristiche e sulle modalità di svolgimento dei programmi formativi, che sono un’esigenza del sistema e non una sempliece incombenza da addossare sulle spalle dei lavoratori.
Il sindacato, pur convenendo sulla necessità di dare nuove regole a un sistema che per troppi anni è stato lasciato senza regia, chiede quindi soluzioni che tengano conto della situazione attuale e delle aspettative di tutti i lavoratori coinvolti, oltre che degli utenti.
Due i passaggi chiave del piano illustrato dall’assessore Telesca. Sul piano normativo la sostanziale “delegificazione” dell’inquadramento degli educatori, affidando a specifici regolamenti l’elenco e la descrizione delle professionalità richieste, attulamente definite dall’articolo 36 della legge 6/2006. Sul piano operativo, invece, la definizione di percorsi diversi per i lavoratori attualmente in servizio, a seconda del titolo di studio e dell’anzianità , con il mantenimento della qualifica di educatore solo per i laureati in scienze dell’educazione o anche per i laureati in discipline diverse, se in possesso di almeno 3 anni di esperienza lavorativa nel settore e con l’avvio di uno specifico programma di formazione. Gli altri lavoratori dovranno accontentarsi di una qualifica più bassa, quella di animatore, a patto però che abbiano almeno 5 anni di servizio, se in possesso di un diploma di scuola superiore, o 8 anni se il titolo di studio è la licenza media. Per chi non possiede l’anzianità necessaria sono previsti specifici percorsi formativi per l’ottenimento della qualifica. Contestualmente alla riorganizzazione degli addetti, dovranno essere ridefiniti anche gli standard dei servizi, per definire quanti educatori e quanti animatori saranno necessari servizio per servizio.
Molte, secondo i sindacati, le incognite da chiarire, che vanno dal fabbisogno di operatori – tuttora non stimato dalla Regione – alle caratteristiche dei percorsi formativi, che andranno gestiti in collaborazione con il sistema universitario. Ma destano preoccupazione anche il prospettato inquadramento di molti lavoratori come animatori, che rappresenterà una dequalificazione per tutti coloro che attualmente svolgono a tutti gli effetti il ruolo di educatori, e la possibilità che i cambi di appalti possano comportare la perdita di posti di lavoro, soprattutto per gli operatori oggi privi di qualifica. Mancano inoltre certezze sui tempi di presentazione e discussione della nuova legge, oltre che sulle caratteristiche e sulle modalità di svolgimento dei programmi formativi, che sono un’esigenza del sistema e non una sempliece incombenza da addossare sulle spalle dei lavoratori.
Il sindacato, pur convenendo sulla necessità di dare nuove regole a un sistema che per troppi anni è stato lasciato senza regia, chiede quindi soluzioni che tengano conto della situazione attuale e delle aspettative di tutti i lavoratori coinvolti, oltre che degli utenti.
Educatori senza titolo, a che punto siamo? (Nonsolopubblico n. 6, 14 marzo 2016)