Sanità pubblica, gli incentivi non bastano a fermare la fuga del personale
Gli infermieri e le infermiere dell’Asufc sono davvero pronti a rinunciare ai propri giorni liberi e ai loro spazi di vita per somme irrisorie, erogate con un anno di distanza e supertassate, anche se strutturate ma non condivise? Se è vero che non mancano i lavoratori e le lavoratrici disponibili a sottoporsi a questi carichi, con tutte le responsabilità che ne derivano, non tutti la pensano così.
L’abbattimento delle liste d’attesa è un obiettivo di civiltà irrinunciabile, ma non si può pretendere di raggiungerlo spremendo ulteriormente i lavoratori, già stremati dalla pesantezza dei turni, dai richiami in servizio, dai cambi turno senza preavviso e dalla disorganizzazione che regna sovrana, da una condizione di perenne sotto organico: può capitare, ad esempio, che un unico infermiere, coadiuvato da un solo Oss, si trovi a gestire un intero reparto di ortopedia, cui si aggiungono le osservazioni brevi che il Pronto soccorso manda in qualsiasi momento del giorno e della notte.
I veri nodi da risolvere riguardano l’organizzazione del lavoro e le nuove assunzioni: bisogna tornare a rendere attrattivo il lavoro in sanità , e per riuscirci non basta promettere incentivi economici su ore aggiuntive che il personale, già allo stremo, è restio a garantire. Soprattutto se questi incentivi vengono pagati in pesante ritardo (al momento solo il 25% delle ore aggiuntive del 2022 sono state retribuite: figuriamoci quelle del 2023!).
Quanto ai rinforzi, l’offerta annuale del corso di laurea in infermieristica dell’università di Udine è di 200 posti: ammesso che vengano tutti coperti, non bastano a coprire i pensionamenti e le dimissioni, che proseguono a un ritmo sempre più forte, man mano che aumenta l’attrattività della sanità privata, sostenuta a suon di aumenti dei finanziamenti ai servizi in convenzione. Il quadro è chiaro e sconfortante: invece di programmare un rilancio della sanità pubblica, anche attraverso un miglioramento delle condizioni economiche, lavorative e dei servizi ai lavoratori e alle lavoratrici (asili aziendali, convenzioni per gli affitti, agevolazioni sui mutui, buoni pasto ai turnisti), la ricetta è quella di usare l’aumento delle liste di attesa come alibi per drenare sempre maggiori risorse verso il privato. Che diventa sempre più attrattivo, a scapito del pubblico e del diritto alla salute.
Senza che questi nodi vengano sciolti, mettere sul piatto 3,1 milioni per le prestazioni aggiuntive (1,2 per il comparto, 1,9 per la dirigenza medica) è un palliativo. I lavoratori chiedono regole certe sull’orario di lavoro, linee organizzative condivise e più eque per tutti i dipendenti, senza discriminazioni, un piano di assunzioni credibils, accompagnato da un’efficace riorganizzazione dei servizi.
La Fp-Cgil da parte sua, continuerà a contrattare per ottenere condizioni più vantaggiose per tutti i lavoratori dell’Asufc e a chiedere di affrontare con coerenza e trasparenza tutti i nodi irrisolti. A partire da quelli che vengono tenuti nascosti. È tempo di affrontare le sfide con determinazione, per garantire un futuro migliore al sistema sanitario pubblico della regione e della provincia di Udine, a beneficio non solo dei lavoratori, ma in primis dei cittadini.
Fp- Cgil Udine
Andrea Traunero, Claudio Palma